07/12/2020
Il riaccendersi della pandemia sta mettendo ancora più a nudo il rischio di essere di fronte alla perdita del senso di umanità. Una pericolosa “perdita di umanità” che può travolgerci in questa seconda fase di sofferenza e sconforto di fronte alla quale, come in altri momenti della nostra storia, per prima cosa occorrerà resistere, resistere, resistere! Un imperativo al quale siamo chiamati, innanzitutto, nell'osservanza delle norme e delle indicazioni rigorose e dolorose che limitano anche la nostra libertà, ma che in questo momento risultano essenziali per battere il virus e salvaguardare la salute delle persone.
In seconda battuta, poi, è necessario resistere contro il cinismo di chi continua a ridurre a “normalità fisiologica” il tasso di mortalità di numerosi anziani a causa di condizioni di fragilità dovuta alla malattia, agli acciacchi, all'età: un cinismo che abbiamo già conosciuto a marzo e aprile e che, sinceramente, non avremmo voluto rivedere. Quando sentiamo parlare in questi termini dei nostri “vecchi”, dobbiamo rivendicare con orgoglio e forza che gli anziani non sono solo la memoria del Paese, ma sono anche la contemporaneità, dell'Italia e del sindacato. Una contemporaneità che sta nelle regioni che legano così profondamente in una comunità giovani e anziani i quali, in questi mesi, oltre alla sofferenza dovuta a quanto succedeva intorno a loro, hanno vissuto anche il tempo della dolcezza e della tenerezza verso i figli, i nipoti, gli amici. Sono stati contemporanei perché, insieme a noi, hanno testimoniato il fatto che nel nostro Paese c'è bisogno di sostenere un nuovo patto sociale che ripensi a nuovo modo di vivere. Come ha scritto con grande efficacia Papa Francesco nell' Enciclica “Fratelli Tutti”: “Qualcuno pretendeva di farci credere che bastava la libertà di mercato perché tutto si potesse considerare sicuro. Ma il colpo duro e inaspettato di questa pandemia fuori controllo ha obbligato per forza a pensare agli esseri umani, a tutti, più che al beneficio di alcuni. Oggi possiamo riconoscere che ci siamo nutriti con sogni di splendore e grandezza e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura, ci siamo ingozzati di connessioni e abbiamo perso il gusto della fraternità”.
E' in questo contesto, quindi, che ci troviamo a vivere, un contesto in cui abbiamo conosciuto tre grandi crisi contemporaneamente. La prima crisi è quella economica che ci portiamo dietro da qualche decennio; la seconda è la crisi sanitaria, che non siamo ancora stati capaci di gestire; infine, la poca attenzione al valore del lavoro e dell'impresa, e quindi del nostro abitare e del pianeta, ci ha portato alla terza crisi, quella sociale. Siamo quindi per la prima volta a dover accettare ed affrontare tre crisi che ci pongono dei problemi simultaneamente. E noi possiamo rispondere a questa situazione solo attraverso attraverso grandi riforme.
La prima prima e più grande riforma che bisogna fare è quella che riguarda il modello di sviluppo, all'interno della quale l'economia e la sanità non possono essere considerate due cose contrapposte: oggi serve un modello di sanità ripensato, un modello di sanità universalista e “ pubblica”, con l'apporto però del privato quando questo riesce ad essere complementare. È necessario ripensare il tema della sanità, senza considerarlo come un costo ma come un investimento che può generare risorse. Una riforma che vada a ricolmare tutte le lacune che oggi vediamo, ovvia conseguenza di anni e anni di tagli feroci e indiscriminati. È per questo che ci auguriamo che il governo ricorra presto, senza ulteriori indugi, al Mes, utilizzando i fondi da esso previsti, per la riforma del nostro sistema sanitario, contribuendo in tal modo al rilancio dello Stato sociale. Dovremmo provare poi a cambiare alcuni paradigmi, introducendo alcune riforme, a partire da quella del modello di sviluppo, che mettono al centro il valore della persona e il valore del lavoro.
La seconda grande riforma è quella riguardante le tasse. Dopo una Finanziaria che ha contribuito ad abbassare il peso fiscale del lavoro dipendente, credo che nella prossima sia necessario dare un segnale forte a pensionate e pensionati. C'è infine la terza riforma: non dobbiamo perdere l'occasione di trasformare l'Europa che, dopo anni di austerità, ora ha dato finalmente un segnale di disponibilità a ragionare su come uscire insieme da questa crisi.
Sono temi impegnativi, certo, e sarà una sfida difficile, ma dobbiamo intraprendere questo cammino, e lo dobbiamo fare portando avanti le nostre iniziative insieme alla Cisl e ad Annamaria Furlan per far sentire la voce della nostra gente, ribadendo la necessità che, per superare il momento di grande difficoltà che sta attraversando il nostro Paese, sia fondamentale ripartire da un patto sociale che metta la primo posto il cittadino, lavoratore o pensionato, e i suoi diritti, in questi anni troppe volte calpestati.
Fonte: pensionati.cisl.it