04/06/2020
Caro direttore,
spesso il Sindacato è dovuto intervenire sui clamori mediatici legati a eventi di cronaca o a vicende penalmente rilevanti accaduti nelle RSA, pubbliche o private, inserite nel tessuto territoriale e controllate dalle Asl, luoghi a volte ai confini della legalità.
L'elemento baricentrico di queste soluzioni residenziali è costituito dalla presenza di anziani che vivono in un contesto caratterizzato da tre implicazioni: l'ambito familiare, con la separazione dalla famiglia dell'anziano (disabile e/o con patologie pregresse) per varie ragioni (socio-economiche, lavorative, di cura); l'ambito sanitario, che richiede assistenza specifica ed interventi professionali; l'ambito umanitario, per colmare quella maledetta “compagnia” di troppi anziani che è la solitudine, con perdita di affetti, relazioni, contatti e interessi, e un correlato e progressivo danno alla salute.
La pandemia da Coronavirus, che ha prodotto un'ecatombe di anziani, ha colpito la fragilità nascosta nelle pieghe della società, travolgendo processi di allungamento della vita e situazioni di longevità decorosa e attiva rese possibili dall'evoluzione della medicina.
Gli anziani diventano scarti e vittime di una selezione crudele e iniqua che, specie nelle Rsa, ha moltiplicato i decessi in solitudine, a volte senza cure adeguate, generando dolore e paura, sobillando il rancore dei familiari.
In questa deriva fattuale le Rsa sono diventate l'emergenza nell'emergenza, dove non sono stati isolati gli spazi per gli infetti, non si sono fatti i tamponi, senza dispositivi di protezione individuale.
Da qui l'esigenza di rivedere le logiche e il modus operandi della sanità pubblica e delle pratiche per raggiungere e curare tutti, attuando il principio dell'universalità delle cure e della parità di trattamento, proprio perché sta emergendo un modello che privilegia la “sanità selettiva” che considera del tutto residuale la vita degli anziani.
A parere del Sindacato, invece, occorre sottolineare che senza anziani non c'è futuro, non c'è memoria storica, esperienza e vita sociale.
Ripensare la sanità diventa necessario di fronte alle nuove esigenze della popolazione, attrezzando una rete equamente distribuita di ospedali per curare le acuzie e affrontare i problemi, sviluppando una “sanità di territorio” in grado di intervenire in modo rapido e diffuso, integrando l'assistenza medica con una particolare attenzione di ascolto e di indirizzo.
La sanità del futuro dovrà collegare l'ospedale alla medicina territoriale, intrecciando l'aspetto sanitario con la realtà sociale, valorizzando il contributo del terzo settore e delle reti sociali. Bisogna destinare risorse alla salvaguardia del più gran numero di vite, umanizzando gli accessi alle cure, senza distinzione di età, genere, collocazione in famiglia o in istituzioni residenziali: una visione che riconsideri il fondamentale valore della vita, che è e deve rimanere uguale per tutti.
Coloro che deprezzano il valore della vita degli anziani, a causa della intrinseca fragilità e debolezza, in realtà si propongono di svalutare la vita di tutti.
Piero Ragazzini
Segretario Generale FNP CISL